“L’ossessività è la ripetizione rituale, liturgica di gesti che, proprio perché già compiuti e conosciuti, rassicurano il soggetto sul loro esito. Non c’è insomma pericolo di sperimentare fallimento e frustrazione”. (Andreoli)
Questo disturbo è stato osservato la prima volta alla fine del 1800, tuttavia entra a far parte delle classificazioni dei Disturbi Mentali solo a partire dal 1994, quando venne citato nel DSM – IV – TR come Disturbo del controllo degli impulsi non altrimenti specificato. La caratteristica peculiare di questi disturbi era identificata nell’incapacità di resistere ad un impulso o ad un desiderio impellente. Solamente nel DSM 5 trovò il proprio spazio come Disturbo da Escoriazione, inserito tra i Disturbi ossessivi – compulsivi e disturbi correlati. Tale problematica trova la sua collocazione anche nell’ICD 11 tra i Disturbi ossessivo – compulsivi e disturbi correlati.
Fa parte dei DOC poiché è presente l’ossessione (la spinta) che si allevia solamente attraverso la messa in atto del comportamento compulsivo (stuzzicamento della pelle).
La caratteristica peculiare di questo disturbo è che le persone si stuzzicano la cute, anche con graffi, in particolare i punti dove sono presenti piccole irregolarità, imperfezioni o lesioni cutanee. Le aree del corpo maggiormente colpite sono quelle più accessibili, come le braccia, il viso, le mani, e le gambe. L’attività di stuzzicamento è spesso accompagnata da rituali, come esaminare la pelle strappata, giocarci, tenerla in mano o in bocca, fino ad ingerirla, si registra spesso tra i rituali anche il lavaggio della zona della pelle che viene considerata impura.
Perché si inizia lo stuzzicamento?
Dagli studi è emerso che può essere preceduto da un’emozione spiacevole, come la noia, stress o stanchezza (Odlaug e colleghi, 2008).
Molto spesso inoltre le persone affette da questo disturbo sperimentano una sensazione di prurito, irritazione o secchezza cutanea prima dell’attività di stuzzicamento, questo aumenterà il suo bisogno di stuzzicarsi (attenzione selettiva).
Infine il gesto può essere attivato anche dalla visione di imperfezioni cutanee, si registrano frequentemente da 1 a 3 zone corporee favorite per lo stuzzicamento.
Con cosa ci si stuzzica?
Il 100% dei pazienti utilizza unghie o dita, ma c’è una quota che impiega anche degli strumenti, più frequentemente sono pinzette, tagliaunghie, e in minor misura forcine, lime o spilli.
Quali conseguenze?
Le conseguenze di queste lesioni possono essere anche di gravità severa, in quanto possono provocare ulcere, cicatrici sfiguranti e in casi estremamente gravi possono comportare degli interventi chirurgici correttivi. In alcuni casi le lesioni cutanee provocate possono portare anche alla perdita della sensibilità al dolore, aspetto che può contribuire al mantenimento della problematica a causa dei meccanismi protettivi della nocicezione.
Vivere con le lesioni cutanee non è semplice, infatti quando queste si trovano in punti visibili veicolano spesso sentimenti di colpa e vergogna per la persona stessa, che a lungo termine potrà anche scegliere di isolarsi e ritirarsi gradualmente dalle relazioni sociali. Il gesto in sé solitamente si attua quando non ci sono altre persone presenti, ad eccezione dei familiari.
La conoscenza del fenomeno nella popolazione è ancora limitata, troppo spesso non viene riconosciuto e viene scambiato per una problematica meramente fisica, si nota frequentemente una certa difficoltà nella comprensione della sofferenza delle persone che ne soffrono. Succede inoltre che la ridotta consapevolezza relativamente a questo disturbo riguardi anche gli operatori sanitari che faticano nel riconoscimento dei sintomi e quindi viene inquadrato come questione unicamente medica.
Alcuni dati
Tale disturbo registra l’insorgenza maggiore in adolescenza, sembra colpire più frequentemente il genere femminile, con un’incidenza sulla popolazione tra l’1,4% e il 5,4% che varia in base alla tipologia di campione osservata.
Tra gli strumenti standardizzati da impiegare per lo studio del fenomeno troviamo il Milwaukee Inventory for the Dimensions of Adult Skin Picking, mentre per valutarne la severità si può utilizzare lo Skin Picking Scale – Revised.
Questa è solo una piccola introduzione al fenomeno molto complesso della Dermatillomania, di seguito riportiamo l’esperienza di Elisa che ha voluto condividere con noi.
L’esperienza di Elisa
Mi chiamo Elisa e per 9 anni ho sofferto di dermatillomania.
Per 9 lunghi anni ho creduto di essere strana, di essere un’aliena: vivere era così faticoso! Ero sempre stanca, sempre arrabbiata, sempre molto depressa.
Per la società avere la pelle rovinata non era un vero alibi per stare male e per rinunciare agli obblighi… bastava andare da un* dermatolog*! Ma i miei non erano problemi di pelle e tantomeno non erano capricci! Io davvero non riuscivo a smettere di torturarmi la pelle e solo in seguito mi rendevo conto del danno compiuto. La mia adolescenza e primi anni dell’era adulta è stata costellata da rinunce, vergogna e isolamento fino a quando un bellissimo giorno è entrata a far parte della mia vita una coniglietta: grazie a lei mi sono resa conto che avevo un problema e mi ha dato la forza per chiedere aiuto a una psicologa.
Adesso sono 4 anni che sono uscita dalla prigione della dermatillomania e voglio fare il possibile per aiutare le persone che stanno soffrendo come ho sofferto io di questo disturbo così sottovalutato.
Potete trovare dei post interessanti sulla sua pagina Instagram il_mio_amico_mr_d in cui parla di DOC e dermatillomania.
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Tania Morelli
Nata a Trento nel 1990, dopo la laurea in Studi Internazionali ha scelto di modificare il proprio percorso e si è avvicinata alla psicologia. Durante un periodo in cui ha vissuto in Germania si è interessata all’integrazione degli italiani nel Paese, argomento della sua tesi di laurea con la quale si è laureata in Psicologia clinica presso l’Università degli Studi di Torino nel 2017. L’interesse per la giurisprudenza l’ha portata a concludere un Master in Psicologia Giuridica presso l’ITAT di Torino e dal 2019 collabora con il Tribunale di Trento come consulente psicologo. Tania è specializzanda in psicoterapia dinamica integrata presso il Centro Psicologia Dinamica di Padova.
Si è avvicinata al mondo delle dipendenze grazie al tirocinio post lauream ed attualmente lavora presso la Comunità Terapeutica la Casa di Giano