In questi ultimi tempi, in particolare da un anno a questa parte, si è verificata la tendenza ad un uso eccessivo e talvolta inadeguato delle tecnologie digitali in tutti i settori. La rivoluzione digitale ci ha permesso sicuramente di facilitare alcuni compiti ma, come se non bastassero quelle già diffuse, sta rischiando di sviluppare un nuovo tipo di dipendenza: quella da internet.
Ma possiamo già parlare di dipendenza dalla rete?
Già prima della diffusione della pandemia Covid_19, quasi 5 miliardi (60%) di persone nel mondo erano utilizzatori di internet e 4,14 miliardi di persone sono attivi sui social network.
In Italia l’82% della popolazione usa internet e il 58% sono attivi sui social network. In media trascorriamo sei ore al giorno in Internet e un terzo del tempo lo passiamo sui social network, non solo per comunicare ma anche per svago e intrattenimento: guardare video su YouTube, ascoltare musica su Spotify, giocare online. Si stanno affermando sempre più i nuovissimi Twitch (17,60%), che da piattaforma di live streaming per solo videogiocatori stanno diventando un canale di streaming per qualunque contenuto, e Discord (16,20%), la chat dei videogiocatori nata nel 2015 e diventata negli anni un social network completo.
Secondo le statistiche quattro italiani su cinque giocano online e due su cinque possiedono una consolle. 17 milioni i giocatori italiani online, ovvero il 39% della popolazione.
Perché si gioca?
Gli utenti giocano per sperimentare nuove identità, per sentirsi protagonisti e sicuri di sé. I giochi aiutano a sviluppare il ragionamento, la riflessione, l’immaginazione, la fantasia e la creatività.
I videogames emozionano, divertono, aumentano la produzione di dopamina e fanno vivere agli utenti uno stato nel quale possono dimenticare l’ambiente circostante, in quanto concentrati sul compito che stanno affrontando. Offrono loro un’esperienza entusiasmante che dà soddisfazione. Questo genera un meccanismo che porta il videogiocatore a continuare il gioco, a perfezionarsi, a farsi più abile per ricevere ulteriori gratificazione.
Essendo il videogioco interattivo, a differenza del cinema o della tv, permette l’attivazione sociale degli utenti, che si riuniscono in community. Si sono create community per appassionati legate ai giochi, forum e canali YouTube su strategie e trucchi.
Il videogioco è divertimento, distrazione, alleviamento dello stress, apprendimento, allenamento, costruzione del sé, luogo di sperimentazione. Utilizzato come strumento didattico, come qualsiasi gioco, ha una funzione catartica e cognitiva, libera le tensioni emotive e dà sfogo all’aggressività.
Perché allora si parla della pericolosità dei videogiochi?
Diversi studi e ricerche sostengono che i videogiochi con violenza esplicita rendono meno sensibili alla violenza reale e portano a sviluppare comportamenti aggressivi e una dipendenza pari a quella da sostanze. Il videogioco come una sostanza che crea dipendenza. Sembra una tesi un po’ esagerata, come affermano gli psicologi Ferguson e Markey, perché l’attività del giocare online rilascia la stessa quantità di dopamina che procura mangiare una fetta di pizza, mentre utilizzare droghe ne rilascia quantità anche dieci volte superiore.
I pregiudizi sui videogames sono stati portati avanti nel tempo alimentati da alcuni fatti di cronaca particolarmente inquietanti, che hanno scatenato l’opinione pubblica. Si pensi al caso di Devin Moore, arrestato per furto d’auto. Dopo essere arrestato riesce a rubare la pistola al poliziotto che uccide e poi scappa con l’auto della polizia. Proprio come una scena del videogame al quale Devin aveva giocato tutta la notte. Oppure il caso di Chris Staniforth, che dopo una maratona di videogioco muore di trombosi venosa.
Quando si può parlare di ludopatia o gamedisorder?
La patologia psichiatrica ha sempre delle cause complesse e integrate (fattori ambientali, sociali e predisposizione personale). In soggetti già predisposti alla psicosi, dunque, l’abuso dei videogiochi potrebbe favorire l’acutizzarsi delle patologie.
Per parlare di disturbo patologico, secondo il DSM V, il nuovo manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, devono essere presenti, per almeno un anno. alcune condizioni specifiche:
1. Perdita di controllo sul gioco in termini di frequenza, durata e intensità;
2. La crescente priorità che viene data a questa attività a discapito di altre attività quotidiane
3. Il continuare a giocare con le stesse modalità nonostante il verificarsi di conseguenze negative per la salute.
Questo ci fa capire che non è l’uso in sé del videogioco che deve preoccuparci ma l’abuso smodato. Giocare in modo adeguato, infatti, può attivare capacità cognitive come il problem solving, l’attenzione prolungata e la reattività, può favorire la cooperazione e il rispetto degli spazi, delle regole e dei tempi dell’altro e può aiutare a gestire le frustrazioni e affrontare le sconfitte.
Antonio Simula
Sociologo e mediatore familiare, attualmente ricopre il ruolo di responsabile organizzativo del Centro Trentino di Solidarietà onlus: un’associazione che gestisce una comunità terapeutica per la prevenzione cura e riabilitazione di persone con dipendenze patologiche sia chimiche che comportamentali, una Casa alloggio per persone con Hiv/Aids e un Centro Studi sul disagio e le dipendenze.