Trattenere la rabbia e il rancore è come tenere in mano un carbone ardente con l’intento di gettarlo a qualcun altro: sei tu quello che viene bruciato.
Buddha
La rabbia è rossa come il fuoco.
La rabbia è un’emozione primordiale, un’emozione di base universale, che si manifesta in noi quando ci sentiamo in pericolo, quando sentiamo di aver subito un torto o un danno, insomma ha una funzione adattiva. Tutti noi riusciamo a riconoscere il volto di una persona arrabbiata, le sue espressioni facciali sono inconfondibili. Paul Ekman e H. Oster hanno descritto i segni caratteristici di questa emozione: fronte e sopracciglia aggrottate, denti serrati, la voce più alta, con un tono più minaccioso, stridulo o sibilante. Si possono associare sensazioni come irrigidimento, irrequietezza e paura di perdere il controllo.
Tuttavia, non viviamo la nostra vita sempre arrabbiati, essa è infatti un’emozione transitoria, difficile da controllare, tanto più se abbiamo la sensazione di non avere gli strumenti adatti ad affrontare la situazione.
Il lato negativo della rabbia
La rabbia ha una funzione adattiva, tuttavia in determinati contesti e ambienti ostili o di fronte a bisogni negati potrebbe virare sul polo disadattivo.
Quando la rabbia si declina in maniera disadattiva allora crea sofferenza all’individuo oppure compromette le sue relazioni sociali, spingendo la persona anche a mettere in atto azioni dannose per se stesso o per gli altri. Talvolta può accadere che entra in gioco un altro meccanismo, ovvero la ruminazione, infatti probabilmente è successo ad ognuno di noi di ripensare ad esperienze negative nella convinzione che ci permetta di voltare pagina e soffrire meno, al contrario restiamo bloccati in un circolo vizioso che ci fa sentire sempre peggio. Quando rimuginiamo sulla rabbia e discutiamo con gli altri di pensieri e delle esperienze che ci hanno mandati in collera, più ci sentiamo arrabbiati e questo aumenta il nostro bisogno di fare ulteriori congetture su questi sentimenti e problemi.
Un altro rischio della ruminazione è quello di diventare molto irritabili a causa di questi pensieri, e di conseguenza siamo più suscettibili alle provocazioni e tendiamo a riversare i nostri sentimenti su chi ci sta attorno.
Come riconoscere e provare a gestire la rabbia
Non sempre è facile riconoscere la propria rabbia, a volte la scambiamo per altre emozioni e finiamo per gestirla in maniera poco adattiva. È importante, come prima cosa, capire quando la rabbia sta per insorgere, ti possono essere utili questi segnali molto comuni nell’insorgenza della rabbia, come la difficoltà nel controllo, sensazione di essere impaziente e sentirsi irritato, non dimenticare le manifestazioni di rabbia che abbiamo citato all’inizio dell’articolo.
Un punto fondamentale è trovare strategie funzionali e adattive per la gestione della rabbia.
Esiste un modello ERRONEAMENTE molto diffuso, il modello catartico, ovvero sfogare la collera, ad esempio con l’aiuto di un cuscino, che si crede utile per la riduzione della rabbia e il miglioramento del nostro stato psicologico. Numerosi studi hanno dimostrato in realtà come questo modello sia pericoloso, oltre che inefficace, esso finisce per aumentare la rabbia anziché ridurla e rinforza i nostri agiti violenti in risposta alla rabbia, in altre parole impariamo che utilizzare la violenza fisica per gestire la rabbia è un meccanismo corretto.
La strategia migliore è quella di RIELABORARE mentalmente l’accaduto in modo da renderlo meno irritante per noi, possiamo interpretare l’accaduto in chiave più positiva in modo da trasformare anche i nostri sentimenti relativi all’evento in questione e attenuarne l’aspetto collerico. Questa strategia non è semplice, è necessario cambiare prospettiva e vedere la situazione in modo da darle un nuovo senso ed emozione per noi.
ESERCIZIO PER FARE PRATICA CON LA RIFORMULAZIONE
- Trova l’intenzione positiva. Le persone che ci fanno arrabbiare hanno anche delle qualità positive e potrebbe avere delle buone intenzioni a prescindere dall’effetto che hanno su di noi le loro azioni o parole. Identificare questo nucleo buono ci può aiutare a vedere sotto un’altra luce la situazione e modificare i nostri sentimenti di conseguenza
- Identificare le opportunità. Molte situazioni stressanti e negative potrebbero essere delle opportunità per noi, per migliorarci, rivalutare le cose, trovare un nuovo modo di affrontare i problemi
- Cogli l’occasione per apprendere. Possiamo imparare molto da queste situazioni, possiamo identificare gli errori che abbiamo commesso e quelli che vorremmo evitare in futuro. Possiamo anche capire quali sono le persone sulle quali possiamo contare e quelle dalle quali è meglio stare alla larga, quali sono i nostri punti di forza, magari nuovi, e punti più deboli
- Considera chi ti offende o ti danneggia come una persona bisognosa di aiuto spirituale. Chi ci “colpisce” può aver bisogno di aiuto spirituale e per questo non merita la nostra rabbia bensì le nostre preghiere. Le persone con una solida convinzione religiosa può utilizzare la preghiera per sedare la rabbia, è scientificamente dimostrato che per i credenti essa ha la capacità di sedare la rabbia e può essere un mezzo efficace per regolare le nostre emozioni. Per chi, invece, ha una visione più laica può provare a pensare a colui che l’ha offeso come persona bisognosa di sostegno.
Puoi scrivere le tue versioni riformulate di ricordi, episodi ecc. che ti hanno suscitato rabbia e rileggerle ogni volta che cominci a rimuginare.
@produzione riservata
Tania Morelli
Nata a Trento nel 1990, dopo la laurea in Studi Internazionali ha scelto di modificare il proprio percorso e si è avvicinata alla psicologia. Durante un periodo in cui ha vissuto in Germania si è interessata all’integrazione degli italiani nel Paese, argomento della sua tesi di laurea con la quale si è laureata in Psicologia clinica presso l’Università degli Studi di Torino nel 2017. L’interesse per la giurisprudenza l’ha portata a concludere un Master in Psicologia Giuridica presso l’ITAT di Torino e dal 2019 collabora con il Tribunale di Trento come consulente psicologo. Tania è specializzanda in psicoterapia dinamica integrata presso il Centro Psicologia Dinamica di Padova.
Si è avvicinata al mondo delle dipendenze grazie al tirocinio post lauream ed attualmente lavora presso la Comunità Terapeutica la Casa di Giano
Ultimi articoli
- Messa in attesa del Natale: una comunità che si ritrova per celebrare l’amore e la speranza
- “Una partita di quattro quarti”: il sociologo Antonio Simula parla di dipendenze al Liceo scientifico Da Vinci
- Flavio Mattiato: cinque anni fa la nomina a Cavaliere della Repubblica
- (senza titolo)
- Il fenomeno delle dipendenze nella storia della musica: un viaggio tra genio e tormento