“Io l’ho trovata. E’ stato qualcun altro ad abbandonarla.”
SAKURA ANDÔ
La pillola di psicologia di questa settimana tratterà un fenomeno molto frequente nella società attuale, il ghosting. Non è di certo un fenomeno nuovo, ma una strategia passivo – aggressiva per “diventare fantasmi”, ovvero per interrompere una relazione, non solo di coppia, ma anche amicale, terapeutica… scomparendo improvvisamente.
La persona che agisce ghosting non si rende più disponibile, non risponde al telefono, non si fa più vedere né sentire. Si stima che quasi l’80% delle relazioni si interrompano con questa modalità, quindi la maggior parte di noi è stata vittima o ha agito ghosting. Ad oggi, a causa dell’elevato sviluppo tecnologico, è ancora più attuabile un’azione di ghosting poiché le relazioni molto spesso sono veicolate proprio attraverso queste modalità che permettono di interrompere la comunicazione in vari modi, dallo spegnere il telefono, archiviare la chat o bloccare il numero di telefono dell’altro.
Cosa accade alla vittima
Per la vittima non è immediata la comprensione di ciò che sta accadendo, nel momento in cui l’altro interrompe la comunicazione c’è una prima fase in cui cercherà di capire cosa è successo e i motivi che hanno portato l’altro a questa scelta, successivamente giunge alla consapevolezza che tale condizione non è solo transitoria ma è stata proprio cancellata dalla vita dell’altro. I sentimenti che si associano a questo fenomeno sono negativi per la vittima, sia perché si attiva il senso di colpa poiché si potrebbe sentire la responsabilità per la conclusione del rapporto, la tristezza, la rabbia, l’impotenza rispetto ad una situazione nella quale si è in una posizione di debolezza e la frustrazione per l’ingiustizia subita. Il ghosting è una forma di vera e propria di violenza psicologica e la vittima non deve sentirsi responsabile di essere stata “cancellata”, sarebbe importante che la vittima riuscisse a trovare un bilanciamento rispetto alle responsabilità proprie e del ghoster, imparare a riconoscere i segnali per prevenire l’abbandono.
Caratteristiche del ghoster
Dalle ricerche emerge come chi agisce ghosting abbia delle caratteristiche specifiche, in particolare la tendenza all’inganno e alla manipolazione, tratti narcisistici ovvero grandiosità ed egoismo, e tratti appartenenti alla psicopatia come la difficoltà ad entrare in empatia con l’altro, comportamenti antisociali ed impulsivi, mancanza di rimorso e senso di colpa. Solitamente il ghoster ha sviluppato uno stile di attaccamento di tipo evitante, pertanto è uno strascico che si porta dal passato, nato dalla relazione con la madre o con la figura di riferimento – per approfondire https://www.citiesse.org/2020/10/21/dove-tutto-ha-inizio-lattaccamento – quindi la scelta di sparire deriva da questa paura di essere abbandonato dalla figura amata e sparire è il meccanismo che gli permette di gestire l’abbandono e la sofferenza.
Cosa fare se si è stati vittime di ghosting?
Il ghosting è un attacco doloroso per la vittima, la prima cosa che può fare è riconoscere ed accettare le emozioni che si provano, paura, tristezza e smarrimento sono normali e comprensibili. Puoi parlarne con qualcuno poiché dar voce ai propri pensieri aiuta ad elaborare il dolore. Esistono inoltre dei gruppi di auto – mutuo – aiuto che possono essere utili per condividere il proprio vissuto e confrontarsi con altre persone. La cosa fondamentale tuttavia è provare a lasciar andare e non cercare di mettersi in contatto con l’altro che è sparito.
Vi è mai capitato di essere vittime di ghosting? Cosa avete provato e come avete reagito? Condivi il tuo pensiero con noi.
Approfondimento
Cos’è l’attaccamento evitante?
I bambini che sviluppano attaccamento evitante cercano di allontanare o sminuire il versante emotivo dei legami affettivi quindi delle loro esperienze di attaccamento. I genitori di questi bambini sono stati distanti o hanno rifiutato in qualche modo il figlio oppure, all’estremo opposto, se i caregiver sono troppo attaccati a loro. Il bambino impara da piccolo che mostrare i suoi affetti non è positivo e quindi inizia a tenere le proprie emozioni per sé. Nella Strage Situation è quel bambino che quando la madre esce dalla stanza reagisce appena, mentre quando torna non le dà molte attenzioni restando concentrato nelle sue attività. Da adulti la fuga sarà il meccanismo utilizzato da queste persone per proteggersi dalle proprie emozioni e riuscire a gestire l’eccessivo legame.
Tania Morelli
Nata a Trento nel 1990, dopo la laurea in Studi Internazionali ha scelto di modificare il proprio percorso e si è avvicinata alla psicologia. Durante un periodo in cui ha vissuto in Germania si è interessata all’integrazione degli italiani nel Paese, argomento della sua tesi di laurea con la quale si è laureata in Psicologia clinica presso l’Università degli Studi di Torino nel 2017. L’interesse per la giurisprudenza l’ha portata a concludere un Master in Psicologia Giuridica presso l’ITAT di Torino e dal 2019 collabora con il Tribunale di Trento come consulente psicologo. Tania è specializzanda in psicoterapia dinamica integrata presso il Centro Psicologia Dinamica di Padova.
Si è avvicinata al mondo delle dipendenze grazie al tirocinio post lauream ed attualmente lavora presso la Comunità Terapeutica la Casa di Giano
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1 Commento. Nuovo commento
Salve, ho letto con molto interesse il suo articolo e trovo l’argomento molto interessante e stavo pensando di utilizzarlo come argomento principale per la mia tesi triennale in psicologia. Mi chiedevo se avesse qualche riferimento bibliografico, spunti o consigli che potrebbe darmi per trattare questo argomento. La ringrazio in anticipo.