La Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche sta affrontando con impegno il tema della Giustizia Riparativa.
Dopo un primo momento volto a determinare il ruolo di tale approccio sotto un profilo decisamente tecnico, si è deciso di valorizzare il concetto di restituzione in Comunità.
Si tratta di un momento formativo importante per la collettività, non soltanto per il mondo degli educatori, finalizzato all’affermazione della cultura della mediazione dei conflitti specie quelli determinati dalla commissione di un reato.
Viviamo all’interno di un contesto sociale che vede nel conflitto la modalità di esprimere le istanze personali a discapito di quelle altrui. La rottura del patto sociale, dunque, diventa un terreno fertile per le rivendicazioni e la richiesta di giustizia manifesta pulsioni di vendetta. Lasciare che sia un terzo autorevole a dirimere le controversie rappresenta una delega che quasi mai soddisfa le esigenze di chi si sente colpito.
La giustizia tradizionale prende le mosse dal paradosso secondo il quale la risposta alla violenza è un’ulteriore forma di violenza.
Gli uomini vanno incontro alla contesa perché questa è la nostra vita: contendere ogni giorno: Se non sfidassimo noi stessi e gli altri saremmo come morti: ma la lotta suprema non è quella in cui ci diamo la morte, bensì quella in cui ci diamo la vita. (Matteo Nucci- Achillee Odisseo – ed Einaudi 2020).
Sembra proprio questo il sentimento che anima il nostro affermarci, ma un’attenta lettura di questo brano potrebbe suggerirci il pensiero che il conflitto rappresenti il punto di partenza della costruzione di una relazione: la vita!
Partendo dalle esperienze di giustizia minorile che, nell’ottica della valenza educativa da anni stimola momenti di mediazione tra autore e vittima di reato, possiamo sostenere che la composizione del conflitto rappresenti un processo dialettico di attivazione della conoscenza tra le parti. Lo spazio che il mediatore offre si fonda sull’incontro, sul dialogo e sulla comunicazione.
E’ quello che ha sperimentato l’Associazione la Strada- Der Weg di Bolzano attuando progetti istituzionalmente riconosciuti volti alla crescita del minore attraverso un percorso di responsabilizzazione nei confronti degli agiti delittuosi.
Sono veri e propri momenti riparatori che non si caratterizzano in un risarcimento economico, che si limiterebbe a compensare, ma favoriscono il dialogo e la comprensione. La mediazione è una filosofia di intervento sul conflitto che tende alla ricomposizione dei rapporti sociali.
Si viene così a creare un connubio inscindibile tra mediazione-riparazione-educazione. Nessuno di questi elementi da solo potrebbe rendere efficacie la riparazione stessa.
Occorre sostenere come non sia interesse del mondo forense ostacolare la mediazione nel processo a carico di soggetti minorenni perché non va dimenticato che all’interno di tale contesto è inibito alla vittima assumere un ruolo di parte processuale per la ristorazione del danno economico subito.
Le Comunità della Federazione si sentono chiamate ad integrare i percorsi educativi con questi elementi in considerazione della necessità di offrire alle persone la possibilità di restituire alla società quanto hanno tolto, in modo principale modificando il proprio stile di vita.
E’ un incoraggiamento alla trasformazione personale che include l’emenda dei danni che hanno contribuito al comportamento offensivo nell’ottica di un’opportunità personale e sociale.
Il crimine rappresenta relazioni danneggiate che sono sia una causa che un effetto del delitto.
In questo ulteriore e significativo momento formativo il Centro Le ali di Caserta afferma come il processo riparativo sia una delle espressioni di “Progetto Uomo” e che viene attuato sin dal momento del primo approccio con chi chiede aiuto.
La persona viene chiamata ad assumersi responsabilità rispetto ai propri comportamenti disfunzionali e ciò gli consente di prendere le distanze dal “ruolo di vittima sociale” e riparare sé stesso riconoscendo potenzialità che fino a quel momento gli erano ignote.
Senza confondere la giustizia con la legalità è possibile affermare che quest’ultima rappresenta un passaggio ineludibile per radicare la prima attraverso un percorso autonomo ed integrativo ma non alternativo.
In conclusione per riparazione intendiamo un momento che consente alla società stessa di diventare protagonista della ricostruzione di un rapporto fratturato di cui è stata vittima, favorendo l’incontro con gli autori di reato senza la necessità di escluderli.
Questo pensiero ci suggerisce di approfondire il tema della pena detentiva quale soluzione ai problemi della giustizia: l’esclusione non favorisce la ricostruzione, l’inclusione sì.
di avv. Marco Cafiero, esperto in giustizia riparativa, consulente del CEIS di Genova e FICT
La FICT: “L’esclusione non favorisce la ricostruzione, l’inclusione sì”. Giustizia riparativa e restituzione in Comunità
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